Uno studio ha valutato l’effetto di due tipi di dieta sul peso corporeo e sugli esami di laboratorio relativi alla tiroide in donne con obesità e tiroidite di Hashimoto e in trattamento con levotiroxina. I risultati hanno indicato che la dieta che prevedeva l’eliminazione di alcuni cibi è risultata più efficace.
La tiroidite di Hashimoto è più frequente nelle femmine e gli anticorpi anti-perossidasi tiroidea si ritrovano più spesso nelle donne (13.9%), rispetto agli uomini (2.8%). L’aumento del peso corporeo può essere il primo sintomo dell’ipotiroidismo indotto dalla tiroidite di Hashimoto e la cura dell’ipotiroidisno si basa sulla somministrazione farmacologica di ormoni della tiroide che ne compensano l’insufficiente secrezione. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la prevalenza dell’obesità è triplicata dal 1975 al 2016 e nel 2016 interessava 650 milioni di soggetti. Una metanalisi eseguita sui risultati di 22 studi ha dimostrato che la tiroidite di Hashimoto è associata in maniera statisticamente significativa (p=0.022) all’obesità e ad alte concentrazioni nel sangue di anticorpi anti-perossidasi (p=0.001). D’altra parte, anche quando si raggiunge una condizione di eutiroidismo, si osserva un’elevata percentuale (82%) di eccesso di peso tra le donne, che nel 35% dei casi consiste in un’obesità. Ostrowska e colleghi hanno eseguito uno studio per valutare l’effetto, in donne obese con tiroidite di Hashimoto, di due tipi di diete: una con la sola riduzione delle calorie quotidiane e l’altra che ha comportato anche l’eliminazione di alcuni cibi, rispetto ai quali le persone arruolate avevano mostrato una sensibilità del sistema immunitario. Gli autori stessi hanno tenuto a precisare che l’impiego delle diete di eliminazione basate sulla sensibilità ad antigeni alimentari è tuttora controverso. Nella casistica studiata, gli antigeni verso i quali è stata osservata più spesso sensibilità sono stati quelli del grano, del bianco d’uovo, del latte di mucca e del lievito. Ostrowska e colleghi hanno eseguito uno studio della durata di sei mesi su 100 soggetti di sesso femminile, di età compresa fra 18 e 65 anni. Tutti avevano una diagnosi confermata di tiroidite di Hashimoto, erano obesi ed erano in cura con levotiroxina. In ordine casuale sono stati assegnati a uno dei seguenti gruppi: quello nel quale era prevista una dieta con riduzione delle calorie ed eliminazione degli antigeni nei confronti dei quali era stata dimostrata sensibilità (gruppo A, 50 soggetti) o quello (gruppo B, 50 soggetti) trattato con una dieta che ha previsto solo una riduzione delle calorie, della stessa entità di quella applicata al gruppo A. Peso, altezza ed esami di laboratorio relativi alla tiroide sono stati eseguiti prima di cominciare le diete e dopo 3 e 6 mesi. In ambedue i gruppi si sono rilevate significative riduzioni dell’Indice di Massa Corporea e della percentuale di massa grassa, mentre solo nel gruppo A si sono raggiunte riduzioni significative di queste due variabili rispetto a quelle osservate nel gruppo B: rispettivamente p<0.002 e p=0.026. Le concentrazioni nel sangue di TSH si sono ridotte in maniera significativamente maggiore (p<0.001) nel gruppo A rispetto al gruppo B. Inoltre, il gruppo A ha mostrato aumenti significativamente maggiori di FT3 e di FT4 rispetto al gruppo B (p<0.001) e riduzioni significativamente maggiori delle concentrazioni nel sangue di anticorpi anti-perossidasi (p<0.001) e anti-tireoglobulina (p=0.048).
Nelle conclusioni Ostrowska e colleghi hanno sottolineato che, nella loro casistica, una dieta che ha previsto la riduzione delle calorie e l’eliminazione di alcuni cibi è stata più efficace di quella solo ipocalorica. D’altra parte, va ricordato che gli stessi autori hanno segnalato che l’efficacia delle diete di eliminazione in quadri come questi è controversa e la casistica valutata nello studio è troppo limitata per poter fornire conferme conclusive in merito.