Un gruppo di esperti australiani ha valutato la prevalenza delle disfunzioni della tiroide nelle persone con diabete di tipo 1 e di tipo 2. I risultati hanno indicato che ipotiroidismo e ipertiroidismo si associano, con una discreta frequenza, al diabete.
Peters e colleghi sono partiti dalla considerazione che gli studi pubblicati che hanno valutato le disfunzioni della tiroide associate al diabete non sono tutti di qualità adeguata, spesso hanno risultati discordanti e possono non riflettere la pratica clinica attuale. Per questo motivo, hanno eseguito una ricerca mirata a definire prevalenza e incidenza delle alterazioni della funzione della tiroide in una casistica ampia, ben caratterizzata e rappresentativa della popolazione generale. Lo studio è stato osservazionale e prospettico, vale a dire che ha seguito nel tempo l’evoluzione delle patologie. Sono stati analizzati i dati di 1617 soggetti che partecipavano allo studio di fase 2 sul diabete di Fremantle (in inglese Fremantle Diabetes Study Phase II: FDS2). Tale casistica comprendeva 1408 persone con diabete di tipo 2 (87.1%), 130 con diabete di tipo 1 (8.0%) e 79 con una condizione definita diabete autoimmune latente degli adulti (in inglese Latent Autoimmune Diabetes of Adults: LADA). Questa condizione è caratterizzata da un diabete autoimmune che inizialmente non richiede la somministrazione di insulina e compare in soggetti di età compresa fra 30 e 50 anni. In questi casi si rilevano anticorpi diretti contro l’enzima decarbossilasi dell’acido glutamico. Si ritiene che tale quadro dipenda dal fatto che, negli adulti, il diabete di tipo 1 si sviluppa a volte più lentamente, che nei bambini e negli adolescenti, simulando un andamento simile al diabete di tipo 2. Nelle persone che hanno partecipato allo studio australiano sono state misurate le concentrazioni nel sangue di TSH e FT4, all’arruolamento e durante i quattro anni successivi. La frequenza di malattie della tiroide già note prima dell’inizio della ricerca, e confermata dai soggetti stessi o dai loro dati sanitari, era dell’11.7% (189 su1617). Di coloro che non avevano una diagnosi di disfunzione della tiroide prima dell’inclusione, il 5.1% (73 su 1428) ha ricevuto una diagnosi di ipotiroidismo subclinico all’arruolamento e l’1.1% (15 su 1428) di ipotiroidismo clinicamente evidente. Per quanto riguarda l’ipertiroidismo, lo 0.1% (2 su 1428) è risultato avere all’inclusione la forma subclinica e lo 0.2% (3 su 1428) quella clinicamente evidente. Complessivamente, la frequenza delle disfunzioni osservata all’arruolamento è stata del 17.4% (282 su 1617). Negli anni seguenti, 25 dei soggetti che all’inclusione avevano un TSH normale (3%) hanno sviluppato una malattia della tiroide. Riguardo alle alterazioni della funzione della ghiandola, l’ipotiroidismo subclinico si è presentato nel 3.4% dei casi, quello clinicamente evidente nello 0.2% e l’ipertiroidismo subclinico nello 0.5%. Non si sono rilevate differenze statisticamente significative nella prevalenza e nell’incidenza delle disfunzioni della tiroide fra i soggetti con tipi diversi di diabete.
Nelle conclusioni gli autori hanno evidenziato che la frequenza di disfunzioni della tiroide è elevata nei diabetici, aggiungendo che questo suggerisce l’esecuzione di controlli regolari per formulare tempestivamente diagnosi di ipotiroidismo e ipertiroidismo.