Un gruppo internazionale di ricercatori, del quale ha fatto parte anche una specialista italiana, ha valutato se c’è una relazione fra il rapporto con l’attività fisica che si ha da ragazzi e quanto la si pratica da adulti. I risultati hanno indicato che il modo in cui si percepisce l’esercizio fisico a 11 anni condiziona la maniera in cui lo si svolge fra i 23 e i 55 anni.
Pongiglione e colleghi sono partiti dalla considerazione che la maggior parte delle persone non raggiunge i livelli di attività fisica raccomandati e che, riguardo a questa abitudine di vita, si rilevano ampie variazioni fra un individuo e l’altro. È quindi importante individuare i fattori che condizionano i comportamenti più o meno attivi perché, conoscendoli, si possono attivare iniziative più mirate ed efficaci nel promuovere l’attività fisica. Uno dei fattori condizionanti può essere definito “identità dell’attività fisica” e indica quanto una persona considera l’attività fisica come componente rilevante della propria vita. Per verificare se l’identità dell’attività fisica espressa da ragazzi si correlava con i livelli di esercizio svolto dai 23 ai 55 anni, Pongiglione e colleghi hanno analizzato campioni di testi scritti all’età di 11 anni e presenti nell’archivio del progetto denominato Studio Nazionale dello Sviluppo del Bambino, che ha coinvolto 10.500 soggetti. I testi nei quali si citava l’attività fisica sono stati identificati automaticamente con un processo di intelligenza artificiale. I testi selezionati sono stati classificati definendo se l’esercizio veniva associato a una scelta personale (rapporto attivo) o a un condizionamento esterno (rapporto passivo). Tali riscontri sono stati messi in relazione con quelli relativi alla quantità di attività svolta, dagli stessi soggetti, da adulti. I risultati hanno indicato che il 42.2% dei maschi e il 33.5% delle femmine ha citato l’attività fisica nei loro temi, descrivendo un rapporto con la stessa di tipo attivo o passivo. I maschi che facevano esercizio fisico spontaneamente da bambini avevano i livelli più alti di attività fisica da adulti. La stessa relazione non è stata osservata nelle femmine. Inoltre, chi aveva un’identità di attività fisica passiva non ha mostrato relazioni con l’esercizio svolto da adulti, a prescindere dal sesso.
Nelle conclusioni gli autori hanno evidenziato che i metodi applicati nel loro studio costituiscono un approccio utilizzabile per l’analisi di grandi archivi di dati allo scopo di identificare i comportamenti. Quanto ai risultati, la relazione individuata fra il corretto rapporto con l’attività fisica sviluppato da bambini e l’impegno che vi si dedica da adulti, indica che per avere adulti meno sedentari, si devono spiegare ai bambini i vantaggi dell’esercizio.