La malattia di Wilson si trasmette per via autosomica recessiva ed è provocata da mutazioni del gene denominato ATP7B, che codifica un trasportatore del rame. Tale gene è localizzato nel cromosoma 13. Le mutazioni del gene ATP7B producono alterazioni dei mitocondri nel fegato e nel sistema nervoso centrale. Sono state identificate oltre 600 diverse mutazioni di questo gene, alcune delle quali sono molto frequenti e altre più rare. Quelle che si rilevano più spesso in Europa e in Nord America sono denominate His1069Glu. In particolare in Spagna è diffusa la mutazione Met645Arg, mentre la mutazione Arg778Leu è più frequente in Corea del Sud, Giappone e Cina e la 2007del7 in Islanda. Le molecole ATP7A e ATP7B, codificate dai rispettivi geni, regolano la quantità di rame nel citoplasma trasferendolo al di fuori delle cellule o in contenitori al loro interno e, quindi, le mutazioni che causano la malattia di Wilson alterano i meccanismi di immagazzinamento del rame nelle cellule del fegato. L’introito medio giornaliero di rame dipende, in gran parte, dal consumo di carne, cioccolata e crostacei e varia da 2 a 5 mg, comunque superando la quantità di tale elemento che serve all’organismo. Tra il 50 e il 75% del rame introdotto con gli alimenti è assorbito dalla mucosa intestinale e arriva al fegato. Questi meccanismi rimangono normali nelle persone affette dalla malattia di Wilson. Dentro le cellule del fegato il rame è usato per la sintesi di vari enzimi ed è legato ad alcune proteine. Tra queste ultime molecole ce n’è una denominata apoceruloplasmina che, grazie al legame con il rame, è convertita in ceruloplasmina. Quando le concentrazioni di rame nel fegato superano il livello di sicurezza, i trasportatori specifici sviluppano una doppia azione e lo trasferiscono nell’apparato di Golgi o fuori dalla cellula. Nei soggetti con mutazioni del gene ATP7B il meccanismo di incorporazione del rame nella ceruloplasmina e quello della sua eliminazione nella bile sono alterati. Il conseguente accumulo di rame nelle cellule del fegato le danneggia e determina una sua liberazione massiccia nel circolo sanguigno e la diffusione in vari organi e tessuti, dal cervello agli occhi e ai reni.
Le evidenze disponibili suggerirebbero che, piuttosto che l’accumulo eccessivo nei tessuti, a determinare l’effetto tossico sia quel 5-15% di rame che si trova libero nel sangue. Infatti, il rame non legato a proteine o a enzimi ha un potente effetto ossidante e provoca la produzione di radicali liberi. Questi, a loro volta, alterano i lipidi presenti nella membrana delle cellule, nonché il loro DNA, i mitocondri e alcune proteine. Altri effetti tossici del rame libero consistono nell’alterazione dei meccanismi dell’apoptosi e nella perdita del controllo dell’attività di un enzima denominato caspasi-3.
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Fonti
- European Association for Study of Liver. EASL Clinical Practice Guidelines: Wilson’s disease. J Hepatol 2012; 56(3):671-85.
- B Kasztelan-Szczerbinska e coll. Wilson’s Disease: An Update on the Diagnostic Workup and Management. J. Clin. Med. 2021; 10, 5097.
- https://www.malattiadiwilson.org