Un gruppo internazionale di specialisti, tra i quali c’erano anche italiani, ha valutato la relazione tra ipoglicemia e variabilità della glicemia da una parte e, dall’altra, rischio di sviluppo di aritmie in persone affette da diabete di tipo 2 in trattamento con insulina. I risultati hanno indicato che le aritmie si presentavano spesso nei diabetici curati con insulina, ma non si è osservata una relazione stretta con episodi di ipoglicemia.
Le persone con diabete di tipo 2 hanno un rischio di decesso da malattie cardiovascolari e da qualsiasi causa superiore a quello dei non diabetici. Dati epidemiologici hanno suggerito che tale aumento della mortalità possa essere ridotto diminuendo la concentrazione nel sangue di emoglobina glicata, ma studi dedicati non hanno confermato gli effetti positivi di uno stretto controllo della glicemia. È stato suggerito anche che l’effetto positivo del mantenimento di un valore di emoglobina glicata quasi normale superi i possibili rischi connessi allo sviluppo di quadri di ipoglicemia. Questo sarebbe particolarmente vero nelle persone più avanti in età, con una lunga durata del diabete e con un peggiore profilo di rischio cardiovascolare. Andersen e colleghi hanno seguito per un anno 21 diabetici di 66.8 ± 9.6 anni di età media, con un Indice di Massa Corporea di 30.1 ± 4.5 kg/m2 e con una concentrazione media nel sangue di emoglobina glicata di 6.8 ± 0.4%. Tutti i soggetti sono stati seguiti misurando continuativamente la glicemia per una media di 118 ± 6 giorni e valutando la funzione cardiaca con uno strumento specifico. Il tempo trascorso in condizioni di ipoglicemia è stato maggiore durante la notte (mediana 0.7%; intervallo interquartile 0.7-2.7), che durante il giorno (mediana 0.4%; intervallo interquartile 0.2-0.8). I sistemi di rilievo della funzione cardiaca hanno registrato 724 episodi di aritmia con un potenziale significato clinico nel 57% dei partecipanti allo studio (12 casi). Il 99% degli episodi individuati è consistito in fibrillazioni atriali e pause del ritmo cardiaco. Non si sono osservate relazioni tra ipoglicemia e aritmie durante il giorno. Nei periodi notturni si è rilevata un’incidenza oraria delle aritmie cardiache che aumentava, in corrispondenza delle fasi di ipoglicemia, in maniera specifica per ciascun malato: rapporto di rischio dell’incidenza 1.70; intervallo di confidenza al 95% 0.36-8.01. D’altra parte, l’incidenza è aumentata solo lievemente al crescere del tempo trascorso in ipoglicemia per 5 minuti: rapporto di rischio dell’incidenza 1.04; intervallo di confidenza al 95% 0.89-1.22. L’incidenza di aritmia specifica per ciascun soggetto rilevata durante la notte è aumentata al crescere della variabilità della glicemia, come stimato dal coefficiente di variazione. Al contrario essa è diminuita durante le ore diurne. I rispettivi rapporti di rischio dell’incidenza sono stati: 1.33; intervallo di confidenza al 95% 1.05-1.67 e 0.77; intervallo di confidenza al 95% 0.59-0.99, per aumento assoluto del 5%. Nelle conclusioni gli autori hanno evidenziato che, nella loro casistica, le aritmie sono state frequenti nei diabetici trattati con insulina e che si sono associate strettamente alla variabilità della glicemia e non all’ipoglicemia.