Osservando nel complesso l'ammontare e l'allocazione delle risorse che i principali Paesi europei destinano alla protezione sociale delle persone con disabilità colpisce come l'Italia, con 438 euro pro-capite annui, si collochi significativamente al di sotto della media dei 27 Paesi dell'Unione Europea, per la quale il valore è pari a 531 euro annui pro-capite (fig. 2).
Ancora più vistosa è poi la sproporzione tra le misure erogate sottoforma di benefici cash, ossia di prestazioni economiche, e in natura, ossia di beni e servizi, per cui il valore pro-capite annuo in Italia non raggiunge i 23 milioni di euro, meno di un quinto della spesa media europea (125), e pari a meno della metà della spesa rilevata in Spagna (55), Paese nel quale il valore complessivo è inferiore a quello italiano.
La sproporzione nell'allocazione di risorse complessivamente scarse configura evidentemente una serie di problematiche, ma soprattutto evidenzia come, nonostante l'impegno del Legislatore, il modello italiano rimanga fondamentalmente assistenzialistico e di fatto incentrato sulla delega alle famiglie, che ricevono il mandato implicito di provvedere autonomamente ai bisogni delle persone con disabilità , senza ottenere di fatto l'opportunità di rivolgersi a servizi che sulla base di competenze professionali specifiche (che evidentemente mancano ad una famiglia) e risorse adeguate potrebbero garantire non solo i livelli di assistenza migliori, ma anche la valorizzazione delle capacità e la promozione dell'autonomia delle persone con disabilità .
Nel nostro Paese la gran parte dell'intervento pubblico in favore delle persone con disabilità si sostanzia in effetti nelle misure di sostegno economico, e secondo l'elaborazione realizzata da INPS e ISTAT sul casellario delle pensioni, le misure erogate in favore di persone che hanno limitata o nessuna capacità lavorativa erano complessivamente nel 2010 circa 4,6 milioni, di cui 1,5 milioni tra assegni ordinari di invalidità e pensioni di inabilità e 3,1 milioni di pensioni di invalidità (tab. 1).
L'analisi delle Statistiche della Previdenza e dell'Assistenza Sociale dell'Inps, permette per altro di osservare il reddito pensionistico complessivo delle persone che beneficiano di una pensione per l'invalidità o di un assegno, e/o di una indennità di accompagnamento.
L'analisi per classe d'età proposta nella tab. 2 e che evidenzia un forte svantaggio dei beneficiari più giovani (tra i 224.025 beneficiari con meno di 25 anni l'ammontare del reddito pensionistico medio risulta pari al 33,7% della media complessiva, contro il 132,4% dei beneficiari con 65 anni e più), è un dato spurio, dal momento che include tutti i redditi pensionistici e dunque anche gli eventuali altri trattamenti pensionistici percepiti, ma non i redditi da lavoro di chi eventualmente lavorasse.
D'altro canto, i dati sulle condizioni lavorative delle persone con disabilità , come si vedrà più avanti, mettono in luce chiaramente come questo segmento del corpo sociale incontri enormi difficoltà a collocarsi nel mercato del lavoro, e dunque è altamente probabile che lo svantaggio che appare dai dati sia, almeno in parte, reale laddove le persone che incorrono nella disabilità in età avanzata possono con una certa frequenza fare affidamento sul cumulo di più pensioni e misure, mentre è raro che le persone più giovani, specie quelle in condizioni più gravi, riescano a sommare alle prestazioni pensionistiche anche redditi da lavoro.