Quando si parla di persone Down ci si riferisce spesso ai bambini, ma le persone Down crescono, e la loro disabilità , in termini di livello di autonomia nel confronto con i coetanei, diventa più importante. I dati relativi al numero di ore di assistenza e sorveglianza che le famiglie prestano evidenzia come a partire dalla classe 7-14 anni in poi questo tenda a stabilizzarsi, configurando un quadro nel quale sono necessarie mediamente tra le 5 e le 6 ore quotidiane di assistenza diretta e circa 9 di sorveglianza (fig. 10).
Fig. 12. - Ore giornaliere dedicate all'assistenza e alla sorveglianza, per età della persona Down (val. %)
Fonte: Indagine Censis, AIPD e Fondazione Cesare Serono 2011
Anche a questo proposito la variabile dell'età potrebbe avere un valore "storico", e dunque è possibile, e certamente è auspicabile, che le coorti più giovani di bambini e bambine con la Sindrome di Down ottengano una volta adulti livelli di autonomia più alti, grazie anche alle cure e terapie mediamente migliori e più tempestive che hanno ricevuto, tuttavia la questione della adeguata collocazione nella società dei ragazzi più grandi e degli adulti rimane assolutamente centrale.
Come evidenziato nella tab. 2, ad avere un'occupazione è il 31,4% degli over25, e tra loro la maggioranza non è inquadrato con contratti di lavoro standard (oltre il 60%); nella maggior parte dei casi lavorano in laboratori sociali o per cooperative sociali, e sono molti anche quelli che lavorano senza un vero e proprio contratto. In oltre il 70% dei casi, infatti, non percepiscono compenso (in particolare è il 28,1% di chi è occupato), o ne percepiscono uno minino, comunque inferiore alla normale retribuzione per il lavoro che svolgono (si tratta del 43,8%). Ad indicare invece che la persona percepisce la retribuzione normale per il lavoro svolto è il 28,1%.
E' chiaro che in un contesto nel quale il mercato del lavoro offre poche opportunità ai giovani, per giovani con bisogni particolari come quelli con la Sindrome di Down gli spazi si restringono ulteriormente: il 56,2% degli intervistati, sul totale dei casi in cui la persona Down è maggiorenne, ha indicato nella difficoltà di trovare un impiego, quale che fosse, il principale ostacolo, mentre un terzo del campione ha fatto riferimento alla difficoltà di trovare un lavoro compatibile con i desideri e le capacità della persona, ed il 10,5% ha fatto riferimento al fattore economico (fig. 11).
Fig. 13. - La principale difficoltà rispetto all'inserimento lavorativo (val. %)
Fonte: Indagine Censis, AIPD e Fondazione Cesare Serono 2011
Ma soprattutto che, a proposito del percorso verso una autonomia possibile le famiglie, chiaramente specie laddove la persona Down è ormai adulta, si trovino pressoché sole è testimoniato dai dati relativi a come i rispondenti immaginano (o progettano, a seconda dell'età della persona Down) la loro vita adulta, il cosiddetto "dopo di noi".
Chiaramente una quota ampia di rispondenti, specie quelli che parlano di un bambino o di una bambina, ancora non ha un'idea precisa di come affronterà un futuro che ovviamente percepisce come remoto, ma all'aumentare dell'età si osserva anche un vistoso aumento delle indicazioni relative ad una qualche forma di permanenza in famiglia (che raggiungono il 50,0% tra i casi in la persona ha 25 anni o più) (fig. 12). Si tratta di un dato che sembra segnalare come con il passare del tempo le famiglie prendano consapevolezza della scarsa disponibilità di soluzioni, al di fuori della famiglia, in grado di assicurare la qualità della vita futura alla persona con la sindrome di Down.
Fig. 12 - Pensare una soluzione per la vita futura, per età della persona Down (val. %)
Fonte: Indagine Censis, AIPD e Fondazione Cesare Serono 2011
Il quadro che i dati fin qui analizzati restituisce sembra dunque caratterizzarsi per alcuni andamenti ed elementi che ricorrono in diverse circostanze e che delineano per certi aspetti uno scenario inconsueto.
In sostanza i dati suggeriscono una sorta di inversione della prospettiva con la quale comunemente si guarda alla Sindrome di Down e alle persone con questa sindrome : tipicamente, infatti, l'attenzione che a livello di dibattito pubblico viene riservata a queste persone si concentra sui bambini. E' chiaro che i bambini con disabilità richiedono alle loro famiglie, alla scuola e più in generale alla società una serie di cure e di attenzioni particolari, ma sotto questo profilo il quadro delineato dai dati sembra essere, seppure naturalmente con delle zone d'ombra, abbastanza positivo: sia per quello che riguarda i servizi sanitari, che quelli riabilitativi, che la scuola, soprattutto quella dell'infanzia e quella primaria.
Ma le persone Down crescono, e la loro disabilità , in termini di livello di autonomia nel confronto con i coetanei, diventa più importante. Ed è proprio su questo fronte, invece, che le situazioni descritte, in termini di inserimento nel mondo del lavoro e di prospettive di autonomia e qualità della vita adulta, appaiono più deboli ed insufficienti delineando in modo netto la necessità di un più forte impegno e di interventi innovativi da parte di società ed istituzioni.