Quando eseguire indagini genetiche nello scompenso cardiaco? Le Linee Guida statunitensi, pubblicate in maniera congiunta da tre Società Scientifiche, forniscono indicazioni anche su questo argomento.
Nelle Linee Guida si segnala che, nelle persone con scompenso cardiaco nelle quali si sospetta una cardiomiopatia, è importante raccogliere una storia delle patologie che si sono presentate nella famiglia del soggetto, almeno fino alla terza generazione precedente. Anzi, idealmente, si dovrebbe ricostruire un albero genealogico. In una percentuale variabile dal 25 al 40% dei casi con cardiomiopatie che comportano una dilatazione delle cavità del cuore e con un’anamnesi familiare positiva si sono rilevate modificazioni dei geni e lo stesso riscontro è stato raccolto nel 10-30% dei soggetti con il medesimo tipo di cardiomiopatia dilatativa, ma senza precedenti in famiglia. Incrociare con precisione il quadro clinico dello scompenso cardiaco con l’anamnesi familiare è importante per identificare i malati nei quali indagini genetiche possano contribuire a precisare la diagnosi. Ad esempio, quando una cardiomiopatia dilatativa si manifesta con problemi di trasmissione dello stimolo alla contrazione del muscolo cardiaco o con aritmie ventricolari, si deve valutare la presenza di sarcoidosi e di cardiomiopatie che provocano alterazioni del ritmo, perché ci può essere un rischio elevato di decesso improvviso per il soggetto che presenta tali alterazioni e per i suoi familiari. Se da una parte è vero che nessuno studio controllato ha dimostrato vantaggi clinici derivanti dall’esecuzione delle prove genetiche per le cardiomiopatie, è altrettanto vero che i risultati di questi esami contribuiscono comunque a valutare il rischio di peggioramenti e di sviluppo di eventi acuti e aiutano a definire il protocollo di cura, compresa la decisione di impiegare defibrillatori per la prevenzione del decesso improvviso. Inoltre, i risultati delle prove genetiche contribuiscono a definire limitazioni all’attività fisica nei casi di cardiomiopatia ipertrofica e a individuare alcune varianti. Rivolgersi a un consulente esperto in genetica, prima e dopo l’esecuzione delle prove, aiuta il malato a comprendere e a valutare le implicazioni che possono avere i risultati di tali test per la vita sua e dei membri della sua famiglia. Anche nel caso in cui nella persona affetta da scompenso cardiaco non si rilevassero modificazioni dei geni correlate alla malattia, le Linee Guida raccomandano di sottoporre i suoi parenti di primo grado a controlli periodici con l’elettrocardiogramma e con l’ecocardiografia.
Le raccomandazioni delle Linee Guida statunitensi sullo scompenso cardiaco, raccomandando l’esecuzione delle indagini genetiche in casi selezionati, hanno confermato che si tratta di una malattia complessa, che necessita di indagini ampie e approfondite.